Il mio perchè
Perchè segui la tua passione? Cosa ti spinge ad impegnare così tante risorse e così tanto tempo? Perchè corri per ore nei sentieri distruggendo le tue gambe e la tua mente?
Ultrabericus
Ieri mi è stato chiesto “Perché lo fai?” mentre raccontavo di Ultrabericus, una gara di trail di 65km che ho corso sabato a Vicenza.
Non ho saputo rispondere. Ho un groviglio di pensieri contrastanti.
La prima parte di gara è stata molto bella: sgasate qua e là, piattoni a 4:20 e salite di corsa che neanche in seggiovia. Mi stavo divertendo e ho apprezzato tutto il lavoro dei mesi precedenti: allenamenti, rinunce, compromessi.
A metà gara però, le gambe prima e il corpo poi, mi hanno lasciato. “Strano!” penso: stavo mangiando, stavo rispettando i battiti che mi ero prefissato (circa dai).
Quando il corpo si spegne, ti aggrappi alla testa.
Sabato ho avuto la lucidità di crearmi uno spazio dove accolgo il dolore, la fatica e provo a farla mia. Evito di respingere quelle sensazioni negative che vogliono fermarmi.
Mi continuo a ripetere: “È tutto passeggero, prova a continuare ancora un solo chilometro, poi se ne riparla.”
Keep going Tommy!
Sabato è stata davvero tosta. Più di una volta mi sono chiesto perchè lo stessi facendo. La seconda metà è stata tutto fuorchè divertimento e gioia: dolore alle gambe, nausea, difficoltà a mangiare, sconforto generale, mal di schiena.
E allora: perchè lo faccio?
Credo sia il momento più sbagliato per scrivere queste righe.
Scrivo di getto, vediamo cosa ne esce.
Di questo sport amo il tempo che dedico a me stesso, il tempo che trovo per me stesso.
Amo l’aria aperta e il contatto con la natura.
Amo il fatto che quando corri ultra rimangono le cose veramente importanti: ogni problema, ogni pensiero assume il giusto peso. Anche per questo se devo prendere decisioni o decomprimere dalla quotidianità, una corsa nei boschi può essere una buona medicina.
Non ho ancora risposto.
La verità forse è che corro per me, per stare bene con me stesso, con il mio corpo, ma più che altro con la mia mente, con i miei pensieri, con i miei sentimenti. Corro per stare bene con gli altri.
Quello che è successo sabato mi ha rifatto mettere in dubbio quale sia il potere della corsa per me.
C’è riuscito, ma scrivere queste righe dopo 5 ore in coda in A4 mi sta facendo rimettere in prospettiva tutto. Proprio come fa la corsa.
Giova, keep going!
Angi oggi ci dà uno spunto su questo.
La critica ha sempre giudicato Pascoli un autore triste, le cui opere sono intrise dalla mancanza di speranza, in cui si sentono tutti i suoi traumi e il suo buio sulla vita: a causa delle perdite subite in famiglia non si è mai costruito una famiglia sua, nuova, poiché sentiva di aver paura di creare un nido per lui.
Però in tutti i suoi scritti, che si legga dolore o che si legga gioia, quello che esce è una dimensione bambina: lo sguardo del fanciullino che lui vuole riscoprire; superare la sensazione di dolore, guardandola da un’altra prospettiva, più semplice, meno articolata, meno traumatica. Così com’è.
Come i bambini percepiscono le cose: continuano a fare ciò che stanno facendo, lasciandolo scorrere, senza pensare a poi e guardandolo per ciò che è, suoni nudi e sguardi che sembrano pennellate di acquarello. Tornano a giocare, senza paura.
L’Assiuolo, forse una delle sue poesie più scure, termina con un verso puntato e con una domanda:
Tintinni a invisibili porte / Che forse non si aprono più…?
Le porte sono invisibili ma sono udibili, ci sono; i blocchi non si vedono ma si sentono: ci bloccheremo sempre. Ma queste porte invisibili si aprono?
Ritorna bambino quando hai il dubbio: guarda le cose da un’altra prospettiva. Le porte non sbattono, tintinnano: è un suono diverso, quanto è meraviglioso? Torna a giocare, perché giocare piace a tutti.
Ci vediamo lunedì prossimo,
Tommy
Illustrazione in copertina: Alev Neto
Se hai trovato interessante queste righe condividile con le persone a cui tieni di più.
→ Sono anche su Instagram | Threads
→ Mi racconto su YouTube
→ Parlo di emotività su Pensa Che Ti Passa